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Il quinto livello

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Il diaframma nella vita fetale

Se trattiamo il diaframma da un punto di vista della sessualità, rappresenta senz’altro il quinto livello. Ma se pensiamo al ruolo che riveste per la sopravvivenza, allora lo potremmo considerare il livello zero e come tale dovremmo metterlo in relazione alla zona ombelicale.

Come dice Federico Navarro, questo muscolo entra in funzione al momento del passaggio dalla vita fetale alla vita extrauterina.
E, come dice F. Leboyer, il bambino, se costretto a respirare per non morire, a causa del taglio anticipato del cordone, assocerà la respirazione all’angoscia anziché alla vita.

La paura (primo livello) lo porterà istintivamente a frenare una respirazione che gli infuoca i polmoni, stabilendo un primo importante collegamento fra la paura e il diaframma.

Una notizia recente a proposito della respirazione fetale, sostiene tuttavia che il diaframma non si contragga per la prima volta alla nascita: lo studioso Peter W. Nathanielsz ha infatti scoperto che il bambino fa dei movimenti respiratori già a partire dal quarantesimo giorno di gestazione, introducendo ed eliminando attraverso la trachea piccolissime quantità di liquido. Se, per qualunque ragione attraverso la placenta arriva meno ossigeno, il feto sospende subito i suoi movimenti respiratori. È una forma di difesa, un modo per risparmiare energia. Nonostante questa scoperta però, noi sosteniamo che la respirazione abbia una svolta decisiva soprattutto al momento della nascita, ovvero quando, per la prima volta, il bambino non ha più alternative e non c’è più la madre a respirare per lui.

Il diaframma è stato anche definito “secondo cuore” o “grande bocca” (G.Ferri), termini che evidenziano il ruolo centrale che ha questo muscolo nel metabolismo energetico.

Come abbiamo detto parlando del quarto livello, respirare è sentire. Il diaframma è il grande distributore d’energia e di sensazioni energetiche; ciò spiega perché si impari presto a bloccarlo per difendersi dalle sensazioni spiacevoli e dolorose.

Fin dalla vita fetale l’individuo impara a frenare i movimenti diaframmatici per difendere la propria vita, in seguito lo farà per proteggersi dal senso di perdita e vuoto che provengono dalla zona ombelicale, da quelle che giungono dalla sfera affettiva, e dalle sensazioni sessuali.

La respirazione

Il modo in cui respiriamo a volte è rivelatore:

  • La respirazione solo toracica protegge dal vuoto ombelicale
  • La respirazione solo addominale protegge dalle sensazioni che vengono dal cuore
  • La respirazione naturale, non bloccata è quella in cui il torace e la pancia partecipano armoniosamente nella respirazione.

L'inspirazione inizia dalla contrazione della zona centrale del diaframma (tendinea), per propagarsi poi anche alle parti periferiche. In questa prima fase il diaframma modifica la sua forma a “cupola” in una forma convessa rivolta verso l’alto, tipica della sua condizione di riposo, per appiattirsi verso i visceri e utilizzando soprattutto i muscoli dell’addome e del bacino (addome, lombi, bacino, cosce), produce una prima dilatazione verticale.

Durante quest’allungamento l’addome si gonfia, subito dopo, grazie all'interazione con i distretti muscolari superiori (capo, collo, coste, spalle, scapole ecc.), anche il torace si espande sollevandosi e allargandosi.

Nell’espirazione, che dovrebbe essere un fenomeno passivo, il diaframma si rilassa abbandonando la pressione sulla zona addominale per tornare verso il torace, la pancia si sgonfia seguita dal torace.

Al movimento d’inspirazione ed espirazione dovrebbe seguire una pausa che invece non c’è quasi mai o è fatta tra l’inspirazione e l’espirazione, spesso per la paura associata allo svuotamento dell’aria.

La respirazione è un movimento pulsante d'andata e ritorno, è un’onda che dal diaframma si propaga in alto, verso la testa e scende in basso, verso i genitali. Bacino e collo si allungano e allontanano nell’inspirazione, si accorciano e si avvicinano nell’espirazione.

Si può notare come la sequenza descritta è la stessa usata da Reich quando descrive i movimenti orgastici, infatti, i movimenti convulsivi dell’orgasmo ricalcano quelli descritti per la respirazione.

Aspetti anatomici e psichici del diaframma

Il diaframma è costituito da una parte periferica muscolare e da una parte centrale tendinea, chiamata centro frenico perché vi arrivano i nervi frenici che danno al diaframma la sua mobilità.

Si possono distinguere tre parti:

  • posteriore lombare;
  • anteriore sternale;
  • anteroposteriore costale.

Nella parte lombare il diaframma si attacca alle vertebre con due fasci che costituiscono i pilastri mediali. L’incrocio di queste due fibre determina due orifizi che oltre a permettere il passaggio di: aorta, dotto toracico, vena azygos, esofago, consente il transito dei nervi vaghi.

A lato del pilastro mediale, con inserzione sulla terza vertebra lombare, c'è un pilastro intermedio, nella fessura tra questo e il pilastro mediale passa il tronco del simpatico e il nervo grande e piccolo splanchico.

Sempre in questa zona posteriore c’è il pilastro laterale che però, non si attacca alla colonna lombare ma si aggancia alle arcate fibrose che costituiscono un ispessimento dei fasci dei muscoli ileopsoas e quadrato dei lombi inseriti sulle vertebre lombari e da qui termina alla punta della dodicesima costola.

Gli organi interessati al livello diaframmatico sono lo stomaco, il plesso solare, il fegato, la milza, il pancreas, la cistifellea, e in parte, i reni.

I disturbi collegati a questo segmento colpiscono soggetti ansiosi o angosciati con uno sfondo depressivo orale, del tipo rimosso piuttosto che insoddisfatto che hanno in più un atteggiamento narcisistico (collo) e di notevole controllo sulla loro paura e ostilità reattiva.

Il controllo è una risposta alla minaccia che è insita nel messaggio di chi ci educa, che valorizza tutte le emozioni che si collocano al di sopra del diaframma, mentre tutto ciò che si colloca al di sotto è considerato sporco e sbagliato.

Il diaframma diventa un vero e proprio "coperchio" che taglia in due il corpo e l’impedimento alla circolazione energetica che ne deriva apre la strada a varie somatizzazioni e sindromi nevrotiche.

In particolare quelle a carico della regione cardiaca come la nevrosi d’angoscia, dell’apparato digestivo con nausee, vomito ricorrente o incapacità a vomitare, diverse problematiche a carico della sfera sessuale come i problemi d'eiaculazione precoce o ritardata, la ninfomania o sul versante opposto la frigidità, lordosi della colonna vertrebrale ecc.

Alcuni disturbi specifici descritti da Federico Navarro sono:

  • la gastrite ipoacida (stato depressivo) e iperacida (che spesso evolve verso l’ulcera);
  • la pancreatite, la cui forma acuta può essere mortale ed è causata da un blocco improvviso del diaframma in posizione intermedia;
  • il diabete (biopatia che dipende dal malfunzionamento della componente endocrina del pancreas);
  • le coliche renali o epatiche.

Il blocco diaframmatico

Le manifestazioni emozionali più tipiche del diaframma sono il piacere e l’ansia.

Abbiamo già parlato delle conseguenze del blocco diaframmatico sulla respirazione: in particolare, il freno si presenta come difficoltà a espirare, che rappresenta il lasciarsi andare.

La paura di abbandonarsi al piacere, percepita come paura di morire rappresenta anche, da un punto di vista energetico, la paura dell’orgasmo. Paura di perdere il controllo (il collo) e la coscienza dell’Io.

Il bisogno di lasciarsi andare e la paura di farlo si traducono in un conflitto che è percepito come ansia, quando a questo quadro si aggiungono i sensi di colpa l’ansia diviene attesa di una punizione.

Il bisogno di una distensione che non può essere trovata nel piacere, si traduce nella spinta inconscia a cercare soluzioni sostitutive. Tali soluzioni, a causa dei sensi di colpa, hanno carattere spiacevole ma permettono di mettere fine allo stato d’attesa e riprendere il respiro.

Questa, dice Federico Navarro, è la genesi del masochismo, il cui aspetto caratteriale principale è il blocco diaframmatico.

Per il masochista ogni eccitazione risulta sgradita perché non può essere scaricata nell’orgasmo e si trasforma inevitabilmente in ansia o angoscia.

L’imperativo è quindi quello di soffocare ogni spontaneità, diventando un gregario, un esecutore. Si tratta del fare coattivo, sostitutivo della naturale creatività che è invece il risultato di una piena e appagata condizione genitale.

Come abbiamo detto inizialmente tutte le esperienze dolorose si traducono nell’immobilizzazione del muscolo diaframma. E questo a partire dalla nascita, per continuare poi con gli effetti di un’educazione rigida.

Tale educazione improntata ai devo reprime infatti, per paura, i propri moti spontanei quando questi siano in contrasto con le aspettative dei genitori o degli educatori. Per questa ragione al livello del diaframma è trattenuta anche tutta la rabbia e l’odio frenato e accumulato.

Ma come ha descritto Reich, il masochista subisce e tollera, ma «fino a un certo punto». È il punto massimo fino al quale egli può permettersi di trattenere il fiato in ispirazione, poi è costretto a espirare, cioè “esplodere” e a volte lo fa in modo gravemente distruttivo per sé e gli altri.

Dato che abbiamo tutti, a vari livelli, il diaframma bloccato, abbiamo tutti, a vari livelli, un tratto masochistico.

Nell’ottica della vegetoterapia, Federico Navarro sottolinea che il diaframma è un livello che riveste un ruolo fondamentale nella corazza. Abbiamo detto qualcosa di simile quando abbiamo parlato del terzo livello, il collo.

Tutti i blocchi hanno importanti funzioni difensive, ma il collo e il diaframma sono dighe fondamentali e vanno quindi trattate con il massimo riguardo, perché se forzate prima di aver sufficentemente risolto i livelli precedenti, possono provocare scompensi psicotici.

Come per il collo, il lavoro sul diaframma può suscitare resistenze e tentativi di fuga. In particolare con questo segmento la reazione in linea con il tratto masochistico: lamenti, sfiducia nell’analisi, sonnolenza ecc.

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