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La negazione e il diniego

Di Alessandro Santini

La negazione

La negazione si riferisce a un procedimento per cui il soggetto dapprima formula un desiderio, pensiero o sentimento fino allora rimosso, ma poi continua a difendersi negando che gli appartiene.

La negazione è una difesa che s’incontra particolarmente nel procedimento analitico. È stato Freud a osservare per primo questo fenomeno.

Per esempio, nel caso clinico dell’uomo dei topi, il paziente racconta di aver pensato che da bambino avrebbe conquistato l’amore di una coetanea solo se lo avesse colpito una disgrazia. Nella seduta con Freud, egli associò che tale disgrazia poteva essere la morte del padre, ma subito dopo respinse con forza tale pensiero. In seguito l’analisi dimostrò che il paziente aveva un desiderio ostile verso il padre.

Per Freud la negazione è molto spesso il segnale che annuncia la presa di coscienza del rimosso e in un articolo del 1925 dal titolo La negazione fa le seguenti tre affermazioni:

  • la negazione è un mezzo per diventar consapevoli del rimosso;
  • soltanto una delle conseguenze del processo di rimozione viene eliminata, cioè il fatto che il contenuto rappresentativo non arriva alla coscienza. Ne deriva una specie di ammissione intellettuale del rimosso mentre permane l’essenziale della rimozione;
  • per mezzo del simbolo della negazione, il pensiero si libera dalle limitazioni della rimozione.

Un esempio di negazione è quando il paziente si convince di essere stato danneggiato dalla madre e, in seguito, nega che ciò sia successo veramente. Egli non osa mettere in dubbio l’amore della madre per lui e si illude di essere stato il figlio prediletto. Alla fine, quando è pronto ad accogliere il dolore per l’offesa e l’umiliazione ricevuta da bambino, riesce a lasciare l’illusione onnipotente di essere stato amato e accettato profondamente dalla madre.

Il diniego

Con il diniego, l’individuo esclude dalla coscienza, in modo automatico e involontario, certi aspetti della realtà che altrimenti sarebbero causa di troppa angoscia o dispiacere.

Il diniego si riferisce pure all’incapacità di riconoscere il vero significato di aspetti disturbanti della realtà. Questo meccanismo di difesa è considerato molto primitivo e generalmente associato a gravi disturbi della personalità, compresa la psicosi.

Freud stesso considerava il diniego la prima fase della psicosi, proprio per la caratteristica di distorsione dei dati sensoriali della realtà.

Un esempio comune del diniego è quello del bambino che dice "Non sono stato io" anche quando è colto sul fatto. Un altro esempio è quello in cui un individuo nega la gravità di una malattia che può riguardare se stesso oppure il coniuge, il figlio o il genitore. Ci sono dei casi in cui ad essere negata è la morte di una persona cara, come nel caso di un'anziana signora che molti mesi dopo la morte del marito conservava le stesse abitudini, ad esempio, apparecchiare la tavola per due.

Il diniego nel comportamento normale

Vi sono alcune situazioni in cui il diniego non sembra assumere un carattere patologico, ma fa parte di un normale processo adattativo. Le proprietà che contraddistinguono il diniego normale da quello patologico, sono la transitorietà, la relativa importanza del fatto negato e la rettificabilità.

In altre parole il diniego è considerato normale quando riguarda un breve periodo, quando riguarda una questione di non gran rilievo e quando una semplice informazione interviene a correggerlo.

Per esempio, quando una persona è impegnata nell’assolvimento di un compito, è naturale che escluda dalla propria attenzione molti aspetti della realtà circostante. Se uno studente è immerso nello studio non da molto peso ai rumori della strada e può capitare che non senta lo squillo del telefono.

Quando qualcuno però gli fa notare che il telefono squilla egli ridiventa subito consapevole di ciò che sta accadendo.





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