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di Antonio Mazzetti

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L’odio come meccanismo di difesa

Vediamo innanzitutto perché e come l’odio sia il miglior meccanismo di difesa del bambino.

L’odio può essere definito come un sentimento dell’animo umano che fa desiderare il male per l’oggetto del nostro odio.
Questo oggetto è generalmente un altro essere umano dal quale ci sentiamo profondamente frustrati, umiliati, offesi; in altre parole non rispettati nel nostro essere Persona.

Quando si odia, si vuole affermare che nonostante tutto io esisto cioè che «nonostante te io vivrò».

È questo desiderare il male dell’altro, la morte dell’altro che fa dell’odio un ottimo sistema difensivo.
Infatti il progetto vendicativo distruttivo che ne deriva, posponendo gli appagamenti del bisogno o del desiderio al futuro nel momento in cui distruggerò chi mi impedisce e mi offende, genera una potente riduzione del dolore per il mancato appagamento del desiderio o del diritto.

Ma ciò che manca è l’amore, è questo che mi offende come persona e quindi si dovrebbe desiderare, per il futuro, l’appagamento dell’amore che ci è mancato e non invece il male o la morte di chi ci ha offeso.

Purtroppo però se il bambino dovesse continuare a desiderare l’amore che gli manca, rimarrebbe in contatto con il dolore della mancanza e così facendo rischierebbe, a lungo andare, di morire di dolore tanto più facilmente quanto più viene colpito in tenera età.

La psiche invece nasconde nel profondo dell’inconscio il dolore della mancanza dell’amore genitoriale e lo ricopre e trasforma in un sentimento di orgoglio ferito, ossia di odio vendicativo che diviene il sistema difensivo umano più utile per spazzare via ciò che ci offende e ci umilia.

Purtroppo agire l’odio per difendersi a quell’età è impossibile, sia per la differenza di forze e di potere fra genitori e figli, sia per la paura che agendo l’odio si perda anche quella parte di amore che comunque sempre c’è da parte di ogni genitore.

L’odio allora viene anch’esso rimosso nel profondo dell’inconscio, attraverso procedure difensive di varia natura che si sovrastrutturano strato per strato a formare il carattere di ogni singolo individuo.

Alla radice dell’inconscio quindi troviamo il dolore e l’offesa, coperta dall’orgoglio e dall’odio vendicativo omicida e/o suicida che è a sua volta coperto da ulteriori strutture difensive caratteriali.

In pratica attraverso l’odio vendicativo viene parzialmente negata la sottomissione ottenendo un minimo di sensazione di libertà interna che dà comunque sollievo e fiducia nel futuro, nascondendo una parte fondamentale della disperazione che altrimenti prendendo il sopravvento, alla lunga, potrebbe portare il bambino alla morte.

In pratica l’odio scava un solco affettivo difensivo molto forte, che dà comunque sicurezza al bambino perché con la negazione e la vendetta (nel futuro ti ucciderò) verso la persona che lo ha offeso e umiliato, ne riduce moltissimo sia il potere che l’influenza dolorosa.

L’orgoglio

Questo solco si irrigidisce e si estende sempre più, costruendo la diga dell’orgoglio ferito della persona offesa.

L’orgoglio è come una grande muraglia difensiva , che esalta la forza della persona singola e la sua capacità di esistere da solo, allontanandosi affettivamente da tutti e facendo a meno di chiunque, soprattutto di chi lo ha offeso; fare a meno ora e per l’eternità.

Questo fare a meno di tutti però, distrugge una parte fondamentale della nostra realtà umana, poiché noi siamo individualità inserita indissolubilmente in un contesto sociale. L’essere umano da solo non può vivere a lungo, come altresì l’essere umano non può sopravvivere privato troppo a lungo della propria individualità.

L’essere umano è un campo di energia biologica in equilibrio tra forze assertive e forze dissipative, quindi sia centrifughe che centripete, se una delle due collassasse, l’essere umano non potrebbe sopravvivere.

L’orgoglio è una chiusura in sé stessi, molto profonda e forte, e come tale fondata esclusivamente sulla forza centripeta e assertiva e quindi a lungo andare distruggerebbe l’equilibrio biologico e porterebbe il sistema all'autodistruzione.

Risoluzione e scioglimento dell’odio

Torniamo ora ad Antonio Mercurio e vediamo ancora cosa ci dice.
«Un uomo o una donna che non hanno avuto l’amore e l’approvazione (riconoscimento) di cui avevano bisogno da bambini, non potranno più riceverlo», poiché il passato non si cambia.

Inoltre «per il rancore di non aver ricevuto, decidono di odiare per sempre chi non li ha amati. Impegnati come siamo ad odiare, ad allontanare gli altri, a rimanere ancorati al passato con la pretesa infantile che colui o colei che sono stati mancanti nei nostri confronti tornino a riempire i nostri oceani vuoti, perdiamo completamente il contatto con il nostro se, con noi stessi, non vedendo invece la nostra capacità di riempire il vuoto con un atto di amore (verso noi stessi)».

Ma Antonio Mercurio dice anche che «usare l’odio per estrarre la verità dalla menzogna è un’arte molto difficile da apprendere».

L’amore è più forte dell’odio. Solo l’amore per noi stessi può farci accettare il nostro odio, assumerlo, agirlo e poi perdonarcelo.

L’odio si risolve col perdono. Il perdono non è un atto di volontà, anche se la volontà è necessaria per perdonare. Il perdono è un processo che porta alla trasformazione profonda del soggetto che perdona, come dice la Hay è un atto che serve a chi lo compie e non a chi lo riceve.

Vediamo ora le fasi di questo processo.
L’odio nasce sempre dall’orgoglio ferito e quindi per sciogliere l’odio è necessario prima di tutto riconoscere il proprio orgoglio ferito e decidere di lavorarci sopra per liberarsene.

Mercurio dice:«Non c’è nulla che possa piegare l’orgoglio come la decisione di servire il tiranno».

Nulla può farmi uscire dal mio orgoglio, dalla mia identità fallica, dalla mia volontà di potenza o dalla mia volontà di dominio e quindi in definitiva dalla mia volontà omicida e/o suicida quanto può farlo la decisione di servire il tiranno.

È importantissimo allora capire e far capire bene cosa si intenda con tale frase.

Non c’è niente di meglio al mondo che possa stimolare la voglia omicida e/o suicida come il sottostare alla volontà di un tiranno.

Ora, molti di noi, in particolari momenti della propria vita si trovano a lottare con un tiranno, proiettato esternamente sul partner, su un figlio, su un superiore al lavoro e se ne sentono continuamente perseguitati, soggiogati, oppressi.

Ora la persecuzione che se ne riceve, può essere combattuta con aggressività, oppure subita con vittimismo, subita con ribellione ecc. Direi che molte sono le modalità che si ritrovano in chi si senta perseguitato o torturato.

Chi si trovasse in una tale situazione potrebbe invece seguire l’iter di scioglimento dell’odio e dell’orgoglio qui sotto indicato e che può essere così sintetizzato:

  • mi sento perseguitato da un tiranno;
  • lo ucciderei, lo odio per le continue ferite che procura al mio orgoglio;
  • quindi, assumo il mio odio, comprendo anche la dinamica proiettiva di cui sono vittima;
  • a questo punto posso decidere di servire, per mia scelta, il tiranno;
  • così facendo, ogni volta che mi perseguiterà, potrò entrare nel mio dolore infantile, che il tiranno va a toccare (sapendo che è il mio sé che mi ha portato in questa situazione di vita), accettare il dolore, per gradi, e attraversarlo perdonando chi mi ha causato nell’infanzia tanta offesa e tanto dolore.

Questo attraversamento ottenuto tramite la volontaria decisione di servire il tiranno perdonandolo qui e ora, ci consente di perdonare i nostri genitori e liberarci dalla loro dipendenza rivissuta nel presente attraverso il legame dell’odio.

La risoluzione poi, del legame genitoriale, ci libera anche del legame attuale con il tiranno sia esterno che interno.

Quanto sopra descritto tuttavia ha bisogno di un lavoro costante, efficace ed estremamente attento, perché servire il tiranno non deve mai diventare la sopportazione masochistica del dolore, poiché altrimenti saremmo ricaduti inesorabilmente nell’incesto materno che non scioglie nulla, anzi rinforza la dipendenza genitoriale.

Il dolore invece che ci aiuta è un dolore evolutivo, mai provato prima perché rimosso nell’infanzia, che ci fa crescere creando dal nulla parti nuove di noi che non possedevamo prima, poiché non avevamo potuto svilupparle.

Tali parti non possono che sviluppare la nostra naturale capacità amorosa sia verso di noi che verso gli altri.




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