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La rimozione nella prospettiva dell’Arcano - seconda parte

Di Alessandro Santini

Indicando il percorso per l’evoluzione creativa del Sé, Antonio Mazzetti e Laura Rita hanno enunciato alcune tappe fondamentali, due delle quali sono: evidenziare il rimosso e responsabilizzarsi del proprio odio.

Lo scopo di evidenziare il rimosso è di conoscere la propria caratterialità così come si manifesta nei blocchi corporei e nelle difese caratteriali, mentre prendere coscienza del proprio odio e responsabilizzarsene vuol dire accettare una delle verità fondamentali di noi stessi e cioè che siamo realmente colpevoli dell’isolamento affettivo e della miseria emozionale che ci separa dagli altri e dal Tutto.

Per noi, dunque, i concetti di rimozione e di rimosso, sono estremamente importanti, perché sono alla base della formazione del carattere e quindi, della grave deformazione esistenziale che ci devia dal nostro progetto profondo del Sé.

Tentiamo adesso di vedere i significati che la rimozione assume nella nostra prospettiva.


Definizione e funzione della rimozione

La rimozione è un processo difensivo che svolge una funzione molto importante: essa consente all’individuo e in particolar modo al bambino, di superare eventi traumatici estremamente dolorosi sottraendoli con la dimenticanza alla coscienza.
Questo processo difensivo, dunque, è anche all’origine di una parte di ciò che sarà inconscio per l’individuo.


Traumi infantili e rimozione

La rimozione avviene per effetto della troppa paura e del troppo dolore causati da esperienze traumatiche vissute con i propri genitori.

Un evento acquista carattere traumatico quando un bisogno o un desiderio infantile, viene frustrato. A volte può essere una singola frustrazione, molto intensa, a determinare la traumaticità dell'evento.

Per esempio, una madre che abbandona il figlio quando questi ha sei mesi d'età, è un singolo episodio altamente traumatico.
Altre volte, credo nella maggioranza dei casi, il trauma dipende da ripetute frustrazioni, la cosiddetta goccia cinese, cioè da episodi meno intensi ma ripetuti nel tempo.

Più i traumi sono precoci e più sarà difficile per l’adulto conoscerli e superarli. Ad esempio, un trauma vissuto nell’utero materno sarà più difficile da isolare, conoscere e superare, di un trauma vissuto nel periodo edipico.

Una minaccia all'identità sessuale, vissuta quando l'embrione ha otto-dodici settimane di vita, provoca una sofferenza e un dolore diffusi.

Probabilmente la risposta dell’embrione sarà una contrazione difensiva dell’intero organismo che s’imprime nell’inconscio cellulare. In questi casi la rimozione è un processo direi energetico, cioè pone le basi per la tendenza a un temperamento individuale il cui esito dipenderà dalle successive esperienze.


Rimozione e campo energetico

Per noi la rimozione non è solamente un lavoro psichico, ma è un processo di campo che coinvolge la totalità dell'essere. Ricorderete che all’inizio del primo paragrafo abbiamo parlato dell’unità di rappresentazione-affetto per indicare il contenuto di ciò che è rimosso.

Adesso con un’operazione concettuale, facciamo una divisione di livelli al solo scopo di capire bene il funzionamento di campo. Quindi, da una parte abbiamo la rappresentazione dell’esperienza traumatica, è questo il livello psichico. Dall’altra parte abbiamo l’affetto o l’emozione, e questo è il livello corporeo-psicologico.

Con Reich, infatti, vogliamo ricordare che l’emozione coincide con un movimento del plasma corporeo cui corrisponde un sentire psicologico. La sensazione di piacere, ad esempio, coincide con un movimento ondulatorio la cui direzione è dal centro del corpo verso la periferia.

Adesso, per completare il quadro aggiungiamo il livello spirituale, quello per intenderci che include sentimenti come l’amore e l’odio. Ricomponendo il tutto abbiamo l’essere umano in una prospettiva che include le componenti biologiche, psichiche e spirituali.

La rimozione si attua a tutti e tre i livelli, qualsiasi sia il periodo evolutivo in cui essa viene attuata. Essa, infatti, la ritroviamo nel lavoro analitico sottoforma di blocchi corporei, di tracce mnestiche e di profondi impedimenti alla realizzazione del Sé.


La rimozione e l’odio

Di fronte ad una profonda offesa portata da chi si prenda cura di lui, la risposta del bambino è generalmente di chiusura e quindi di protezione del sé.

Questo tipo di risposta è un bene per il bambino in quel momento, e se non la mettesse in atto sarebbe immerso in una sofferenza troppo grande per un essere così fragile. Tuttavia, quando si chiude il cuore per non sentire il dolore dell’offesa e dell’umiliazione ricevuta, non si osa più riaprirlo.

Questa è la dinamica dell’odio. Tra le tante definizioni che noi possiamo dare, odiare è chiudere il proprio cuore alla Vita, isolandoci dagli altri e dal Tutto. Il bambino che chiude il proprio cuore è un bambino che non è capace d’amare e quest’atteggiamento profondo prende il sopravvento, diventando, man mano che il cuore s’indurisce sempre più, un odio vendicativo e distruttivo.

Per mettere bene in chiaro la relazione tra l’odio e la rimozione vorrei citare una frase di Antonio Mercurio che, almeno per me, è stata molto significativa.

L’odio rimosso, scrive il nostro autore, «esprime un bisogno di sicurezza: mantiene l’unità dell’oggetto d’amore, quello interno e quello esterno. Se rimuovo l’odio, mi autoconvinco che l’oggetto d’amore è ancora intero, che non l’ho distrutto ancora con il mio odio, e se non l’ho distrutto non sono colpevole e se non sono colpevole posso vivere ancora».


La rimozione e il Sé

Come abbiamo potuto vedere, dal concepimento della vita e per tutto il periodo infantile, la rimozione ha svolto un’importante funzione di protezione del Sé dalle potenti emozioni negative suscitate dai vissuti di rifiuto, d’isolamento e di non accettazione.

Successivamente però il mantenimento della difesa limita l’espressione del sé, perché le parti rimosse, come scrivono Antonio Mazzetti e Laura Rita, oltre a consumare energia nel processo di rimozione, impediscono a parti del Sé di partecipare al processo della vita e quindi impediscono all’essere umano di raggiungere il suo massimo potenziale espressivo e creativo.

Secondo una bellissima espressione di Antonio Mercurio, il Sé è il nostro centro solare, quello che ci dà energia e dove è inscritto il nostro progetto profondo. Dunque, se il Sé è il nostro sole, le parti rimosse, in particolar modo le parti d’odio, rappresentano le nubi, ma nubi molto fitte, perenni e immobili. Le nubi coprono alcune regioni dall’esposizione solare e quindi ci arriva poca energia. Quelle parti non agiscono in armonia con il resto dell'organismo, anzi ne alterano gli equilibri necessari alla vita. Sono quelle parti rimosse che impediscono al Sé di partecipare pienamente alla vita.

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